Vincenzo Bolia
Opera 1^ classificata
Mare tempestoso
Onde violente
s’infrangono
contro la scogliera
e il vento di libeccio
non risparmia
una bandiera dimenticata.
Barche a vela
al largo
sembrano in difficoltà,
più vicini
gabbiani affamati
volano rabbiosi
alla ricerca di qualcosa
da mangiare.
E nel mare tempestoso
della vita
l’Uomo ha fame
di Verità.
Sara Capizzi
Opera 2^ classificata
Credevo
In un antico borgo si accomodano i miei pensieri.
I tuoi, li vedo,
sono rimasti appesi al filo sottile dell’esito di una partita di calcio.
Credevo che gli uomini veri piangessero,
invece… parole di fuoco…
promesse di paglia.
Continuo a cercare,
illusa o disillusa,
attesa o disattesa.
Insomma…
come quando ciò che vorresti è ancora lontano
e non hai più molto tempo.
Esplodo silenziosa…
Lo so,
sono frutti fuori stagione le mie idee.
Ma lo cerco ancora quel campo fiorito,
quel sorriso,
dono naturale che ho imparato dall’onesta terra.
Ormai
cavalchiamo il cavallo magro dell’indifferenza,
dietro ogni bellezza la sua miseria…
Un uomo vero,
piangendo, piangendo, dice.
“ci vuole coraggio”.
Rosa Maria Corti
Opera 3^ classificata
Rivivono
Là nell’aprica e ariosa culla del tempo
assorbono il sole covoni dorati
dimentichi ormai d’essere stati
onde d’erba verde carezzate dal vento.
Ma nella dorata luce dell’estate
sale dalla risaia l’eco d’antiche ballate,
di feste sull’aia, di veglie passate.
Rivivono le voci ormai dimenticate
dei camminati, del “passator cortese”,
rivivono le storie di tutto un paese.
Volti d’ombra, a notte, la luna rischiara,
raccontano che la vita è spesso amara,
che la felicità è una perla rara,
raccontano dei campi la fatica
di chi restava a penare la vita,
mentre la vaporiera portava via
occhi smarriti, lacrime e così sia.
Raccontano di vociar festoso di gioventù,
di danze e canti che salivano fin lassù
a cieli d’argento dov’eran accese solo le stelle
a illuminare sguardi schivi di fanciulle.
Rivivono giochi fatti di niente,
semplici rimedi di povera gente.
Rivivono per noi collere e amori,
rivivono per noi gioie e dolori:
ciò che la vita allora non ha concesso
restituisce oggi all’ombra di un cipresso.
ci vuole coraggio”.
Elena D’Arcangelo
Opera 4^ classificata
Oltre l’amore…
Oltre l’amore…
il silenzio!
Imprigionati dall’orgoglio.
feriti dall’oblio,
i cuori smarriscono
nel nulla
la dolcezza dei ricordi
e il brivido delle emozioni.
Con piccole gocce d’amore
riesci a volare
nel mondo dei sogni,
ti senti viva,
mentre le mani,
strette al petto,
cercano il calore
di un abbraccio
nella speranza
di un’esistenza
ancora utile;
ma, quando i sogni
svaniscono,
oltre l’amore…
nulla rimane se non
il tramonto di una vita
sconfitta dal troppo affetto.
Jolanda Sierra
Opera 5^ classificata
Sierra leone
Sul volto di Miriama Kallom
la morte si chiama “keloid”
le tinte fosche del cancro
hanno scavato pendii
ove assordante
il dolore che spazza la carne
scorre furioso più del vento
N’tago vive nella boscaglia
la vergogna per l’elefantite
che gli deforma gli arti
gli nega il contatto con la gente
E’ l’isolamento il dolore più straziante!
James Bangura
ha per casa una sedia a rotelle di legno
la poliomelite gli ha rubato
le corse nel fango con gli amici
va a scuola e a messa la domenica
guarda gli altri, sogna… crede d’esser felice!
A N’Mah la lebbra ha morso le mani
non può mangiare, vestirsi o cucinare
nessuno la vuole a casa sua
non può entrare nei negozi e negli uffici
al mercato ci va quando non c‘è nessuno
la sua vita è un grido
che in silenzio le muore negli occhi
Alimamy sognava d’essere portiere
nella squadra di calcio
Una mina s‘è portata via la sua gamba destra
Ora sogna ancora d’esser portiere
ma i suoi occhi si stancano
in un sogno che mai verrà.
SIERRA LEONE non è utopia
è devastante, disumana realtà!
Lenio Vallati
Opera 6° classificato
Sogni infranti
Ali di gabbiani
i nostri pensieri
planavano sul mare.
La sera
li accese di desiderio
e la notte li avvolse
nel suo manto di stelle
e li portò lontano.
Sulla sabbia
al mattino
rimasero solo
fremiti di sogni infranti
al mormorio dell’alba.
Ambra Librizzi
Opera 7^ classificata
La tessitrice
Dolore.
Penetra silenzioso nella penombra di una stanza,
il camino acceso di chiaro bagliore,
una sedia a dondolo scricchiola.
Lunghe dita sottili si accendono di luce.
Vene livide sulle mani piangenti
raggomitolano sapienti
fili di malinconia.
Nella stanza solo il veloce sferruzzare
che frantuma come vetro il silenzio.
Altro suono è perito da tempo,
nella mente tante cose da dire.
Sulle spalle gracili capelli argento
imprigionano i bagliori del camino,
incorniciano una figura senza volto
perché è da tutti ormai scordato.
Ma d’improvviso il cigolio di una porta,
il viso si volta, appare un sorriso:
il calore di una esile figura,
sulla sua gamba stanca la manina di un bambino.
Gerardo Melchionda
Opera 8^ classificata
Il ritorno degli emigranti
Vi ho visto partire
con i pantaloncini corti.
Vi ho visto riempire
le valigie di tutto il vostro passato.
Vi ho visto piangere
come un bambino che perde la mamma.
Vi ho visto andare via
spaventati da un’ombra.
Vi ho visto guardare
i comignoli delle case impregnati di dolci nenie.
Vi ho visto scomparire
dietro l’ultima curva alla fine del paese.
Ho creduto di avervi perso!
Ho creduto di essermi dimenticato di voi!
Ho creduto di non sentire più le vostre voci!
Ho creduto di morire solo!
Scusatemi!
Poi, una notte di gennaio, sotto una pioggerellina insistente,
solo, nella piazza del paese, dagli stessi comignoli ristrutturati,
un profumo antico inebriò i miei sensi:
siete tornati tutti
con il nostro dialetto,
con le nostre bestemmie,
con le nostre passioni,
con i nostri difetti,
con le nostre canzoni,
con i nostri giochi.
Questa terra non dimentica i figli!
Adriano Scandalitta
Opera 9^ classificata
Ombre di vita
(A mio Padre)
Non sei vuoto d’aria,
piuma che fluttua leggera
nel vento,
non sei lontano eco
di un sogno
Sei presenza che fa vibrare
il mio cuore
quando il tuo nome affiora
alle labbra,
sei compagno silenzioso
quando passeggio su marciapiedi
di strade deserte
Sei luce interiore
che dissipa le mie incertezze,
sei un Angelo Custode discreto,
un attore che recita la sua parte
sottovoce, con un sussurro d’amore.
Ivan Ruccione
Opera 10^ classificata
Il bosco
Il vento dell’angoscia mi prese per mano,
per condurmi in sentieri di boschi ingialliti,
vidi foglie cadere in un forte abbandono
e i fiori piangevano vagheggi sopiti.
Mi fece specchiare in una pozza infangata
Si aprivan ferite di candidi dolori,
La mia faccia sfuocata pareva assolata,
sgocciolii in superficie echeggiavano sonori.
Una voce innanzi a me iniziò a parlare: – “osservai il cielo in un giorno di bufera,
foste due fulmini dello stesso temporale” -.
Gl’occhi fissi della luna, in quella sera,
Si riempiron di fresca malinconia.
Sottovoce: – “anche per te arriverò la primavera”-.